A cosa serve veramente il Kiai

Come spesso accade prendo spunto da una domanda posta su uno dei gruppi facebook che frequento per scrivere i miei post. In questo caso la domanda verteva su cosa fosse il Kiai. Per chi non pratica arti marziali Giapponesi il Kiai è quell’urlo a cui vengono comunemente accostati i praticanti durante l’esecuzione delle tecniche.
Su questo si è talmente mitizzato da essere ormai il veicolo di tutte le prese in giro da parte di chi non pratica e non apprezza le discipline che ne fanno uso (specialmente quelle tradizionali).
Prendo la spiegazione da wikipedia:

Il Kiai (気合, 気合い, kor. 기합) nelle arti marziali è il grido che accompagna i momenti “topici” di un kata (forma) o di un kumite (combattimento), in cui si dirige la massima energia vitale per intimorire e sopraffare l’avversario.

Essa è un’espressione di senso compiuto: Ki (気) sta per energia vitale e ai (合, 合い) può essere tradotto come unione. L’individuo unisce la propria energia vitale e quella della natura attraverso l’espirazione provocata dalla forte contrazione addominale. La tradizione orientale fa risiedere la vitalità fisica nell’addome (tanden) e ritiene che degli appropriati esercizi respiratori possano incrementarla. È il diaframma che consente una respirazione profonda e ampia, mentre il movimento dei soli muscoli costali induce una respirazione superficiale e di difficile controllo. Il tempo dell’espirazione corretta (ventrale), determinata dalla decisa contrazione dei muscoli addominali corrisponde, quindi, al momento di massima espressione di forza.
L’altra componente del Kiai è psicologica. Il grido è intimamente connesso alle emozioni individuali, quando le nostre normali risorse non possono assicurarci la sopravvivenza, la forza e la volontà che necessitano emergono solo con l’esasperazione delle emozioni. La possibilità di ampliare le capacità in condizioni estreme ha permesso agli antichi guerrieri di codificare il grido, che divenne il kiai.
Si osserva un diverso momento di espressione del kiai nelle diverse arti marziali, per esempio nel kendo il kiai avviene prima e non all’atto finale, questo perché l’uso di un’arma, la katana in questo caso, implica di per sé un risultato devastante che invece, a mani nude, può essere conseguito solo con il ricorso all’esasperazione fisica. Nel kendo, non dovendosi incrementare l’aspetto fisico, viene dato grande risalto alla volontà risolutiva che induce l’azione.”

Perfetto, ma è solo su questa base che si è creata una vera e propria arte chiamata Kiaijitsu?
la risposta è no.
Sebbene ai tempi della creazione di certe discipline la scienza medica e le conoscenze anatomiche e biologiche fossero sostanzialmente empiriche (e a volte decisamente sbagliate) in questo caso hanno visto giusto.
Un po’ di anatomia:
quella che vedete sotto è l’immagine della cavità toracica

vena cava

Le parti che ci interessano sono il diaframma, i muscoli addominali, e soprattutto la vena cava inferiore.
Questo è il più grosso vaso del corpo e il suo compito è quello di portare il sangue privo di ossigeno dai tessuti all’atrio destro del cuore. La vena cava inferiore si occupa di drenare torace, addome, pelvi e arti inferiori.
Come si può notare passa attraverso il diaframma accanto al centro frenico, ossia il tendine centrale da cui dipartono i muscoli diaframmatici.
Questo centro si attiva quando si defeca, si vomita o durante uno sforzo ad esempio sollevando un grosso peso, nonchè durante il parto.
Un’altra parte anatomica che ci interessa è l’epiglottide, ossia questa
epiglottide
Ora che abbiamo presente tutte queste parti anatomiche, torniamo al nostro Kiai.
Questo si usa durante la massima contrazione muscolare, nell’esatto momento il cui si raggiunge l’apice tensivo di addominali, diaframma, muscoli intercostali e di tutti gli altri muscoli respiratori.  Quando questo avviene, la vena cava inferiore viene compressa restringendo così il flusso sanguigno. Affinchè sia chiaro quanto questa cosa sia pericolosa per l’organismo basta pensare che un restringimento di pochi millimetri dimezza l’afflusso totale del sangue in essa circolante. Questo meccanismo si produce volontariamente durante una tecnica chiamata manovra di Valsalva che è un’espirazione forzata a glottide chiusa (quella che fanno i sub per favorire la decompressione dell’orecchio per capirci), ma mentre quest’ultima è appunto volutamente eseguita e controllata, quello che avviene sotto sforzo a respiro trattenuto è la creazione involontaria di una pressione intratoracica estremamente potente  e pericolosa, non solo per quanto detto sopra riguardo l’afflusso sanguigno, ma anche per lo stimolo del nervo vagale che produce un rallentamento dell’attività sopraventricolare del cuore che può causare svenimento o danni molto gravi.
Il Kiai è dunque un’espirazione forzata al fine di evitare danni all’organismo in concomitanza con il colpo e la contrazione totale dei muscoli respiratori ad esso associata.
Un’ulteriore curiosita, i suoni associati, di solito IIIAA  o AAAIII non sono casuali, AAA è il suono che permette la massima apertura dell’epiglottide e quindi l’espulsione completa dell’aria, mentre III aiuta a sollevare il diaframma aiutando l’azione espiratoria.
Tenere in mente questo vi aiuterà ad usare il Kiai nel modo corretto e non a gridare istericamente perchè qualcuno vi ha detto che si fa così senza darvi spiegazioni.

Buon lavoro a tutti

 

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