Difesa Personale, la cruda verità

La difesa personale è diventato un business milionario. C’è un fiorire di corsi di tutti i tipi e ovunque ci si giri c’è una locandina che esalta questo o quell’altro metodo.
Diciamo la verità, la maggior parte di questi corsi servono solo a far intascare a chi li propone un po’ di soldi facili giocando sulle paure delle persone.
Non viene mai spiegato che quello che in palestra sembra funzionare benissimo per strada al contrario non funziona praticamente mai. Così scrivo questo articolo per fare chiarezza, attirandomi certamente l’ira di molti ma con la consapevolezza che chi legge avrà maggiori strumenti per decidere se un corso vale o meno la pena di essere seguito.

Parto con qualche premessa. Le aggressioni per strada si dividono in due tipi principali (ma non esaustivi) tanto che l’una può trasformarsi nell’altra e viceversa durante lo scontro:
In Escalation
Di Sorpresa
Se contro il primo tipo si ha il tempo di trovare qualche soluzione, di usare la psicologia, di prepararsi, di allontanarsi e lasciar perdere nel secondo tipo accade tutto istantaneamente, spesso alle spalle e quando ce ne rendiamo conto siamo già a terra e si spera vivi o non gravemente feriti.
Perciò parlando prettamente di tecniche difensive fisiche, abbiamo qualche chance nel primo caso e ben poche nel secondo, indipendentemente dalla preparazione.

Vince il più feroce e determinato che non pensa alle conseguenze e riesce a fare danni velocemente.
Questa è la verità. Fortunatamente non viviamo nell’età della pietra e di questi tipi di aggressori non ce ne sono in proporzione tanti in giro. Per contro, quasi tutti apparteniamo alla seconda specie, quelli cioè che prima di affrontare uno scontro iniziano ad elaborare un gran numero di pensieri. Questa è una salvezza e una condanna. Ne riparleremo più in là.

I corsi che durano qualche settimana non sono in grado di darvi alcuna preparazione spendibile.
Anche qui ci vuole consapevolezza. Si tratta di una pura questione di scienza motoria, non di un’opinione personale. Approfondiremo anche questo.

Dove c’è il disarmo a mani nude contro coltello e simili stiamo parlando di utopia.
Corsi di questo genere sono solo esercizi di marketing, la realtà è che contro un coltello ci sono solo pochissime speranze di uscirne vivi se l’aggressore è determinato a colpirci, e nessuna di esse passa per un corso di poche settimane, a dire il vero neppure di qualche anno. Consideriamo anche che chi ci aggredisce con un’arma non ci sfida ad un duello rusticano, lo tira fuori all’improvviso e ce lo pianta in corpo più volte prima che ce ne accorgiamo.

Le arti marziali tradizionali non funzionano in difesa personale
Questo non è vero, ma quando spiegherò i principi motori sarà anche chiaro perchè spesso si afferma questo.

Pochi ci spiegano come funziona il nostro cervello.
Questo è il motivo per cui la maggior parte dei corsi di difesa personale sono inefficaci. Parleremo delle tre velocità e dei vari processi durante un’aggressione.

Nella realtà le variabili sono infinite
Sia in termini di modalità di aggressione, di numero di aggressori, della presenza di armi proprie o improvvisate, di luogo, visibilità, condizione psicofisica, di circostanze ecc. Già solo questo può trasformare una lite in un dramma.

Esistono la legge e le norme giuridiche.
Inutile fare corsi in cui la difesa personale propone praticamente un omicidio o danni irreversibili ignorando bellamente l’articolo 52 del codice penale e tutte le norme poste a tutela della comunità. La difesa deve essere proporzionale all’offesa. A meno che a qualcuno con la storia che meglio un brutto processo che un bel funerale non piaccia avere sulla coscienza l’avversario di turno o pagare danni per tutto il resto della sua vita.

Fatte queste premesse che appena appena coprono un decimo di quelle che dovrebbero essere fatte, passiamo al concreto.

Iniziamo dall’apprendimento motorio. Molti affermano che la boxe sia tra le discipline più efficaci in difesa personale. Questo è verissimo, ma perchè?
Il movimento e il suo apprendimento si divide in più fasi vedi i miei articoli precedenti (Sviluppare le abilità marziali e Tipi di movimento e apprendimento motorio).
Perchè una tecnica possa essere appresa correttamente, ci vogliono dalle 300 alle 500 ripetizioni. Questo tuttavia non significa nulla, semplicemente so come si fa.
Perchè una tecnica diventi invece automatica o come preferiscono dire alcuni, istintiva ( scorretto ma ci si intende) le ripetizioni devono essere comprese tra le 5000 e le 10000. Il pugilato studia poche tecniche, jab, diretto, montante, gancio e li ripete continuamente lavorando nel frattempo sulle altre parti del sistema, distanza, footwork, timing ecc.
Si può dire che in un’ora di allenamento un pugile tirerà mediamente un colpo 100-200 volte. Ecco che in poco tempo quel colpo diventa suo e lo userà automaticamente.
Ecco un esempio di automatismo in una situazione reale:

Come vedete nonostante lo spavento a causa dell’improvviso scherzo inaspettato il corpo ha reagito istantaneamente.
Chi pratica arti marziali invece allenerà decine, centinaia di tecniche che diverranno migliaia nelle concatenazioni. Quante volte le ripeterete? Non altrettante come nella boxe. Per raggiungere lo stesso automatismo serviranno anni.
Un corso di difesa efficace allora non si concentrerà sulle tecniche, ma su pochi principi applicabili al maggior numero di casi possibili, che ricordiamolo, sono infiniti.

Adesso che abbiamo parlato del lato fisico parliamo anche di quello psicologico.
La maggior parte di noi ha più o meno chiaro come funziona il ciclo adrenalina/noradrenalina, alcuni avranno letto qualcosa sullo stimolo fight or flight.
Pochi invece hanno presente un processo interno che definisce tutte le nostre azioni e reazioni.
Nelle discipline di lotta più antiche erano ben studiate, tramandate da insegnante ad allievo ma se ne sono quasi perse le tracce.
Fortunatamente in alcuni studi moderni si è riportata l’attenzione su questi processi.
Tra questi studiosi merita certamente un posto di rilievo  Paul D. MacLean e la sua teoria del triuni brain. Non vi tedierò illustrandola qui, semplificherò al massimo.
Secondo Mac Lean il cervello è diviso in tre aree, paleomammoliana, mammoliana e R- Complex.

triuni brain
triuni brain

Sempre semplificando all’inverosimile e per capirci al volo diciamo che un’area è deputata alla logica, una alle emozioni e infine una alla sopravvivenza. Nessuna di esse è autonoma, agiscono contemporaneamente all’interno della nostra vita, tuttavia in determinati casi parte di questo sistema diventa predominante. Ripeto ho condensato in tre righe e in modo assolutamente semplicistico uno studio complesso, affascinante e di enorme valore per tutte le sue implicazioni.
Assieme a questa prima suddivisione dobbiamo parlare delle tre velocità e lo facciamo con un esempio concreto:
Mettiamo che state camminando distrattamente e all’improvviso una macchina vi inchioda davanti.  Appena i sensi si accorgono del pericolo fate un balzo indietro (o un’altra azione per allontanarvi fisicamente dal pericolo). Questa appartiene all’ R- complex, che è veloce, non filtra e agisce secondo schemi di sopravvivenza insiti nella nostra specie.
A questo punto cominciamo a urlare contro l’autista e insultarlo o ad esprimere emozioni, e questo appartiene all’area mammoliana, seconda in velocità.
Infine riflettiamo, ci diciamo che siamo stati fortunati, che poteva andarci peggio e che dobbiamo stare più attenti. Questa è la terza in velocità, appartiene all’area paleomammoliana ed è la più lenta.
In una situazione di pericolo istantaneo questo è il modo in cui funziona il nostro cervello.
Ora, come avete allenato le tecniche in palestra? Quasi tutti usando il cervello paleomammoliano e mammoliano. Cosa vi salva in difesa personale? Si, esatto… R- complex, che la maggior parte degli insegnanti non ha alcuna idea di come farlo entrare in funzione in allenamento, e se anche l’avesse dovrebbe creare scenari difficili da realizzare. Anche con esercizi pressure e stress test oggi molto in voga non si riesce a lavorare su quest’area efficacemente. Bisognerebbe infatti cortocircuitare le altre aree per impedire un ciclo di rimpallo, cosa che richiede condizioni estreme.
Parlerò ancora di quanto introdotto qui in futuro, spero di aver dato stimoli ad approfondire per conto vostro alcune di queste tematiche. I contributi sono come sempre ben accetti.

 

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