La gestione della distanza in combattimento è qualcosa che non si studia sempre da un punto di vista teorico. In effetti ciascun praticante acquisisce questa capacità nel tempo attraverso sparring o colpitori, siano essi sacchi, makiwara, partner o altro. Certamente è il metodo migliore, tuttavia la teoria ha sempre una qualità, permette di pianificare un allenamento avendo ben presente cosa si vuole migliorare con gli esercizi specifici. In un mio articolo precedente ho semplificato questo argomento utilizzando per similitudine la strategia usata nel combattimento con alcune armi antiche. Oggi parto da quella che è la mia esperienza per esprimere meglio alcuni concetti relativi alla distanza.
La prima volta che iniziai ad insegnare fu in un dojo di Judo. Ho molto impresso nella mia mente la prima cosa che mi colpì. Oltre la metà dei nuovi allievi aveva problemi a toccarsi. Sembra ridicolo, lo so, ma credo che qualunque altro insegnante di arti alla cui base ci sia la lotta corpo a corpo possa confermarlo.
Viviamo in una società molto più libera di quella di qualche decennio fa, ma complici internet, i social, una certa forma di isolamento psichico, toccare un’altro sta diventando un nuovo tabù.
Ci vogliono diverse lezioni affinchè si ritrovi una certa naturalezza. Alcune tecniche richiedono che ci si appiccichi all’avversario letteralmente, altrimenti oltre a non funzionare, richiederebbero uno sforzo fisico da sollevatore di pesi, alla faccia del principio dello judo secondo cui la forza non dovrebbe essere usata nell’esecuzione di una tecnica (parliamo di judo tradizionale, quello agonistico ha completamente ribaltato il concetto).

Questa tecnica ad esempio, che più o meno conoscono tutti, affinchè funzioni richiede che il corpo del proiettante (Tori) si appiccichi completamente a quello del proiettato (Uke). Le braccia sbilanciano il corpo verso l’alto aderendo con la schiena ad uke e solo dopo ci si piega in basso e utilizzando l’anca come fulcro si solleva l’avversario tirando contemporaneamente verso l’alto e in avanti.
Se provassimo a farlo con anche solo pochi cm di distanza, il risultato sarebbe che oltre a non funzionare ci procureremmo sicuramente uno strappo alla schiena nella migliore delle ipotesi.
Senza annoiarvi con dei calcoli di biomeccanica, vi do un dato secco: 50 kg sollevati malamente possono arrivare sui dischi intervertebrali, in particolare quelli che vanno da L4 a S1 alla bellezza di ben 630 kg di pressione.
Converrete con me che non sia fisiologicamente sano nè accettabile per la salute del praticante.
Altre tecniche richiedono invece una certa distanza da Uke al fine di poter essere portate, pena il fallimento totale di esse.
Passando dalla lotta allo striking, la distanza è una variabile che stabilisce se il colpo andrà a bersaglio o meno in primo luogo, ma anche se ci andrà al massimo della sua potenza oppure si rivelerà un semplice tocco.
Negli anni in cui praticavo Karate Shotokan, una gran parte dell’allenamento consisteva nello sfiorare il kimono avversario senza affondare il colpo. Devo dire che come esercizio mi è stato utilissimo nelle discipline che ho studiato negli anni a venire, consentendomi di allenare la coordinazione mano-occhio e la capacità di portare tecniche a piena velocità senza ledere i partner. Tuttavia il contro è che a livello neuro-muscolare, questi esercizi da soli finiscono con il creare un automatismo che impedisce di affondare nel corpo dell’avversario il pugno o il calcio. Ci sono voluti anni per rimodulare l’atteggiamento interno, perchè correggere è molto più difficile che imparare da zero.
Se utilizziamo tecniche di calcio e pugno, risulta molto agevole allenare le distanze corrette attraverso un semplice esercizio. Usiamo un sacco o una parete, allunghiamo il calcio frontalmente all’altezza addome e appoggiamoci al bersaglio. La gamba deve rimanere piegata di circa 15-30 gradi, questo è infatti l’angolo di contatto con il quale avremo ancora tutta la forza da scaricare sull’avversario. Se l’angolo è maggiore il calcio si tradurrebbe in una spinta, se fosse minore in un colpo superficiale o addirittura in un liscio.
Adesso, rimanendo immobili allunghiamo un braccio. Come potete notare il pugno, anch’esso con lo stesso grado di piegatura, arriva circa all’altezza del ginocchio o appena oltre.
Negli esercizi ai colpitori fissi, queste due misure ci aiutano a creare internamente il senso della distanza ideale.
Le cose si complicano molto con un partner a distanze variabili, dove a variare la distanza non siamo solo noi con i nostri movimenti offensivi e difensivi, ma anche lui. Tuttavia, praticando lentamente e con costanza la nostra coordinazione occhio mano sarà sempre più precisa.
Da qui potremmo lavorare sul come aprire o chiudere le distanze durante il combattimento. Cosa significa?
Abbiamo tirato un calcio come nella foto che segue
Come si può notare, troppo lungo, non solo è stato parato ma l’avversario sta entrando nella nostra guardia e ci troviamo in una posizione di debolezza. La nostra migliore opportunità consisterà nel lasciarci cadere in avanti verso il centro dell’avversario in posizione solida chiudendo la guardia poichè qualunque altro tentativo ci vedrà certamente colpiti. A quel punto siamo nel range pugni o gomiti/ginocchia oppure di lotta.. Inoltre, accorciando le distanze impediremo al nostro avversario di calciare efficacemente, cosa verso cui, osservando la posizione, ci trova del tutto scoperti.
Il footwork ci permette di entrare e uscire nei vari range di combattimento ed è essenziale tanto per colpire quanto per evitare di essere colpiti.
Se si sono interiorizzate correttamente le varie distanze, sarà più semplice ad esempio usare un footjab (calcio a spinta) per creare la giusta distanza per calciare di potenza, il calcio per entrare nel range del pugno e il pugno per entrare in quello della lotta.
Allo stesso modo, se l’avversario ci attacca, modulare le distanze per una corretta difesa e contrattacco anche simultaneamente.
Per allenare il senso della la distanza sono utili esercizi con un sacco che ondeggia,oppure ancora meglio una semplice palla da tennis sospesa ad un filo che vi consentirà di migliorarvi anche quando siete all’aperto, vi basta un ramo e siete già in grado di creare una valida sessione di training molto efficace. Potete anche mettere più palline a varie altezze per diversificare le tecniche e migliorare la coordinazione e il footwork.
Per la lotta è perfetto un dummy come questo che si usa nelle mma, sospeso per perfezionare gli ingressi e libero per proiezioni e lotta a terra.